Maggio
Aggiornamento: 29 gen

Il vento caldo di Maggio,
le serrande chiuse,
Roma resta.
Il sole crolla sulle case,
infuocato, il centimetro diventa kilometro,
ci s’aggrappa alla bellezza;
la scialuppa è questa città
eterna,
questo snodarsi di vicoli
stretti,
tra gelsomini in fiore,
biciclette abbandonate.
Dove sono finiti i giorni?
Si sono persi tra scelte
evitate,
necessarie,
rimandate,
tentate;
le colpe si daranno,
la storia
di questo tempo
soccomberà
a dolori più grandi,
perché l’uomo sopravvive.
Rimangono le colonne del Pantheon
a tenere su
il cielo;
acqua che scorre
a piazza Navona come fosse
un torrente caduto,
perduto tra i sampietrini
e il silenzio d’una città
che ormai parla una sola lingua,
che batte d’un silenzio
in cui s’avverte,
improvviso,
il rintocco delle campane.
Dove sono finiti i giorni?
La voglia di futuro,
s’è mangiata
tutto;
come si corre sull’acqua?
Laddove il vento soffia,
come si governa la nave?
e chi nuota, chi affoga,
chi la sceglie la morte giusta?
Ragazzi si scontrano e s’incontrano
Ieri, oggi, domani...
Dove sono finiti i giorni?
Sembra d’essersi fermati,
a metà d’una curva dimenticata,
destra, sinistra,
e la strada sterrata,
non più trafficata, abbandonata;
c’erano dei cartelli?
Dei segnali?
C’era, prima,
un domani?
O forse era un’idea,
un’idea sbagliata,
ora cambiata,
sbiadita.
Dove sono finiti i giorni?
Quelli in cui s’era abituati,
quelli
in cui
ci si era dimenticati,
in parte,
dell’oscurità, ora
tutto è buio,
in questa “felice” ripartenza
il mondo ancora urla,
trema e si dispera,
“correte che domani è un altro giorno”
E quella speranza di bellezza,
quella carezza umana
nel dirsi vicini,
nel dirsi insieme in questo
continuo non sapere
di nuovo
si disperde nell’aria.
Siamo rimasti.
Soli?
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